[1887]
Giuseppe Vizzotto Alberti
El gabia creanza
È l'esordio del giovane pittore ad una esposizione nazionale, quelle di Belle Arti a Bologna nel 1888, nel solco del «generismo intimista aneddotico», affermatosi con largo seguito nell’ambiente artistico veneziano nell’ultimo scorcio del secolo. Una madre ha preparato per il figlioletto una scodella piena di latte, ma il gatto l'ha rovesciata e la donna lo rimprovera appunto con l'espressione "El gabia creanza" (così anche secondo i ricordi di Enrico Vizzotto Alberti, fratello del pittore, nella conversazione del 1974-75 raccolta da Lina Sari per la propria tesi di laurea). Una riproduzione dell'opera si trova in Paolo Campopiano, Giuseppe Vizzotto Alberti (1862-1931). La vita e l'opera, Grafiche Italprint, Treviso, 1998, p. 6. È un'opera che - per «padronanza di mezzi espressivi e caratteri pittorici» (Campopiano, 1998) - può dimostrare quanto riesca già a distinguersi dai soggetti ispirati alle stesse tematiche del genere che eseguono all'epoca Pastega, Milesi, Laurenti ed altri.
[1889-1890]
Giuseppe Vizzotto Alberti
Gli affreschi dell'abside e il progetto di ricostruzione architettonico-decorativa della Basilica della Madonna dei Miracoli a Motta di Livenza
VEDI
Dopo la trasferta siracusana del 1888 per decorare una villa nobiliare di Baulì, per la quale si dispone di scarsa documentazione, nel 1889 a Giuseppe Vizzotto Alberti fu assegnato per concorso ministeriale l'incarico più complesso di affrescare l'abside e progettare la ricostruzione architettonico-decorativa della Basilica della Madonna dei Miracoli a Motta di Livenza (monumento nazionale). Il lavoro fu interrotto - sembra per inadempienza contrattuale del priore - e proseguito da altri decoratori che si attennero comunque al progetto di Vizzotto Alberti, di cui ci restano alcuni indicativi cartoni preparatori.
[1891-1892]
Giuseppe Vizzotto Alberti
Gli Affreschi nel Museo Torre di San Martino della Battaglia
VEDI
- Giuseppe Vizzotto Alberti, La battaglia del Volturno del 1860. Combattimento all'arco di Adriano a Santa Maria Capua Vetere | Vedi
- Giuseppe Vizzotto Alberti, La morte del maggiore dei bersaglieri Giacomo Pagliari alla breccia di Porta Pia (1870) | Vedi
- Frammenti preparatori: studi di soldati | Vedi
- Ritratti di uniformi dell'Armata Sarda del 1859 | Vedi
[1894]
Giuseppe Vizzotto Alberti
Preludio
Di Preludio resta una fotografia. Da due barche affiancate nell'immobile laguna antistante la riva degli Schiavoni un giovane e una giovane hanno un tenero colloquio amoroso l'uno di fronte all'altra. È il codice dell'amore cortese applicato al mondo popolare. Amore ha la potenza di nobilitare anche l'incontro galante di semplici popolani (come dimostrano i loro abiti), elevarne i sentimenti ed ingentilirne i gesti. Venezia, sullo sfondo, impreziosisce l'aneddoto, si offre come un'intensa coreografica teatrale, decora di bellezza la scena
Preludio - in senso tematico - è capostipite di numerosissime opere successive del pittore, ascrivibili al generismo realista o verista e al vedutismo. Questo tipo di pittura non escludeva corde genuine d'ispirazione nell'artista con operine di grande abilità compositiva ed espressiva e poteva perciò uscire dalla serialità, ma al tempo stesso incontrava all'epoca con facilità la domanda di committenti privati locali e stranieri (inglesi, tedeschi ...) e, rappresentando anche una risorsa economica per i pittori, soprattutto in momenti di necessità, rischiava di isterilirsi nella replica dei medesimi soggetti. Prediletto dagli acquirenti, era gradito anche alla critica provinciale. Il fratello Enrico ricordava che «un inglese s'invaghì talmente» di un acquerello non ancora terminato che raffigurava il liston di piazza S. Marco con piccole figure «da volerlo acquistare sebbene incompiuto». Nei momenti di buoni affari, «il guadagno per un quadro di medie proporzioni si aggirava sulle 2000 lire, pari a circa 2 milioni e 500 mila lire attuali» (cifre del 1974-75, quando Lina Sari raccolse per la sua tesi di laurea la testimonianza di Enrico Vizzotto Alberti).
A Brera nel 1894, Giuseppe Vizzotto Alberti presentò, oltre a Preludio, anche altri due dipinti: Ave Maria e Vespero, di cui si sarebbero perdute le tracce. Dal Prospetto delle vendite di opere, cit., il primo acquirente di Vespero risulta Alberto Vonwiller.
[1895]
Giuseppe Vizzotto Alberti
alla Prima Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia
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Giuseppe Vizzotto Alberti
Cardo selvatico (1895)
Una bella popolana è sdraiata non senza voluttà su un prato di cardi selvatici. La scena, che occupa forse i quattro quinti dell'intera inquadratura, rimarrebbe rusticana e naturalistica senza l'indefinita e vaga Venezia che s'intravede sullo sfondo, l'ultimo quinto della tela. Si può discutere se il pittore abbia sproporzionato le due dimensioni - la splendida città e l'umile campagna - e non sia riuscito a fondere le due realtà superando la loro distinzione... ma basta anche solo quell'orizzonte di una sfocata Venezia a trasfondere il sonno-sogno o la visione ad occhi socchiusi della giovane in un'aura elevata e sentimentale dove i due mondi stanno comunicando.
La rappresentazione non manca di senso metaforico: «il significato di spinoso (il cardo)» è collegabile «alla bellezza spesso spinosa delle giovani donne» . Il significato simbolico - non erudito - appare «legato ai luoghi comuni e alla vita sociale, molto spesso ispirate alla realtà rurale dell'entroterra trevigiano», di cui il pittore anche in altre opere eseguite in quegli anni si era fatto «uno dei più sinceri interpreti» (Paolo Campopiano, Giuseppe Vizzotto Alberti. La vita e l'opera, cit., p. 9)
L'opera - in mostra alla prima Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia nel 1895 - era stata acquistata dall'allora ministro Guido Baccelli per la Galleria d’Arte Moderna di Roma, ma fu "esiliata" a Ravenna, dove si trova tuttoggi in deposito permanente presso il Museo d’Arte della Città di Ravenna. Durante il periodo fascista la commissione giudicò indegno che nella galleria romana, vetrina d'arte di livello nazionale, figurassero quadri di autori che avevano idee non collimanti con quelle del regime. Il fratello Enrico - nella conversazione raccolta nel 1974-75 da Lina Sari per la tesi di laurea - ricordava lo sdegno del pittore e di altri colleghi dell’ambiente veneziano, tra cui anche Angelo Dall’Oca Bianca cui toccò simile sorte per un proprio ritratto della madre (Angelina Sari, Il pittore opitergino Giuseppe Vizzotto Alberti (1862-1931), UniPd, Tesi di laurea, 1974-1975, Relatore prof. Camillo Semenzato).
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Giuseppe Vizzotto Alberti
Sotto la pioggia (1895)
Nella scena, ambientata tra un ponte e una parte della calle San Pantalon di Venezia, tre sono i tipi umani rappresentati. In primo piano, hanno appena sceso la breve scalinata del ponte una donna, con un bambino in braccio e un mazzo di verdura comprato al mercato stretto in mano, e una ragazzetta che si tiene alla gonna della madre per non perdere il passo o scivolare sul lastricato reso viscido. Al lato destro, più indietro, una vecchia (forse una mendicante) - non è chiaro se soffermatasi o impegnata a scendere gli ultimi gradini del ponte - stringe fra le mani uno scaldino. Più indietro ancora, appena all'inizio della rampa opposta del ponte, comincia a salire un vecchio affaticato, unico a ripararsi sotto un ombrello, forse indizio della sua condizione benestante.
A visitatori e critici conterranei (La Gazzetta di Venezia) il tutto appariva «eseguito con maestria veramente encomiabile». Il pittore era riuscito a ritrarre «perfettamente il colore veneziano» e trasfondere nella tela «quella tristezza che regna – specialmente nella nostra città – in una giornata piovosa d’inverno»: il selciato bagnato, le pozze d’acqua, la tinta cinerognola del cielo... Piaceva anche l'intensificazione patetica delle figure, che nel rapporto fra loro suggerivano una mesta filosofia corrispondente all'uggia del mattino piovoso: «Unendovi il sentimento» egli aveva fatto risaltare «il contrasto fra il ricco impellicciato sotto l’ombrello, la vecchia mendica ferma sul ponte col caldanino e la popolana con un lattante in braccio ed una bambina alla mano che sfida la pioggia per recarsi a casa con le scarse provviste di famiglia» («Gazzetta di Venezia», Articolo, senza data né firma, Archivio della Biennale Venezia; riportato in Angelina Sari, Il pittore opitergino Giuseppe Vizzotto Alberti, cit.).
Di questo dipinto, anch'esso esposto alla Prima Esposizione Internazionale d'Arte della Città di Venezia del 1895, rimangono copie fotografiche e riproduzioni in cartoline d'epoca. Sotto la pioggia - una delle quattro opere (le altre erano Cardo selvatico, Panem nostrum e Nubi vaganti) con cui l'autore si sottoponeva per la prima volta ufficialmente al giudizio della critica internazionale - fu premiata da un referendum popolare come «quadro di vita veneziana, osservato con occhio sensibile e delicato di artista» e il Re lo fece acquistare per conto della Galleria d’Arte Moderna di Roma. Lo accompagnava una poesia di gusto piccolo borghese e provinciale del parmense Eugenio Mortara [Vedi].
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Giuseppe Vizzotto Alberti
Nubi vaganti
[1896-1897]
Giuseppe Vizzotto Alberti, Vincenzo De Stefani
Gli affreschi a Palazzo Corner della Ca' Granda di Venezia
Vedi
- Venezia protettrice delle Arti, dell’Industria, dell’Agricoltura e delle Scienze, 1896-1897 | Vedi
- Allegorie della Giustizia, della Sapienza, del Mare e della Terra, 1896-1897 | Vedi
- Processione Dogale davanti al porticato delle Procuratie Vecchie | Vedi
[1897]
Giuseppe Vizzotto Alberti
Sera
In un'animata scena di popolani lungo le fondamenta veneziane, un'energica ed intensa donna caricata del peso di due cesti pieni e di matasse di cordami sulla spalla guarda - in primo piano - verso chi la ritrae o chi la sta osservando. I personaggi sono tipi umani vicini alla "gente" che il pittore sente di amare di più, memore della realtà contadina e degli umili impegnati nei mestieri quotidiani nelle sue terre natali.
Del dipinto è documentato anche quello che sembra l'abbozzo preparatorio (tecnica mista su carta, cm. 21,5 x 18), appartenente a collezione privata, visibile nel sito Studio Mondi - Castelfranco Veneto
Dal mondo popolare della terra d'origine attingono anche i due successivi dipinti dello stesso anno presentati all'Esposizione nazionale di Belle Arti di Torino del 1898: Il canto della sera ed Ieri e oggi.
[1897]
Giuseppe Vizzotto Alberti
Il canto della sera
[1897]
Giuseppe Vizzotto Alberti
Ieri e oggi
In una scena di solido realismo, un nonno che ha viso e mani scavati da tutti i suoi anni - in piedi ma con entrambe le mani poggiate sul bastone per meglio reggersi - è accanto alla nipotina, seduta e intenta a sfogliare o leggere un libro o un quaderno, forse per mostrare al nonno di che cosa sia ormai capace e leggergli cose che egli non saprebbe leggere. Il vecchio (il mondo di ieri) con un accenno di sorriso affettuoso e forse compiaciuto fissa la giovane vita che è il suo proseguimento (oggi) e potrà perpetuarlo in futuro. Di grande significato è che sia proprio nelle gracili mani di una ragazzina - una donna - lo strumento che potrà darle istruzione e cultura per superare la subalternità del vecchio mondo contadino. Una realtà - quella rappresentata dal pittore - forse non ancora così affermata nell'epoca in cui dipinge il trapasso tra questi due emblemi generazionali.
[1899]
Giuseppe Vizzotto Alberti
Donna dei campi
Una contadina nel tipico quotidiano costume è colta in un momento di riposo dal lavoro dei campi. Le mani una sopra l'altra premono sul bastone dell'arnese di lavoro e sopra le mani la donna appoggia il mento. Lo sguardo è assorto e intenso, l'espressione è dura, forse rattristata, la postura è rigida: traducono la fatica o un travaglio interiore o una preoccupata meditazione. La bellezza che emana non è convenzionale o arcadica, ma è innegabile. Al mondo georgico il pittore strappa una rivelazione veristica della condizione umana e della soggettività individuale. Non c'è alcuna compiacenza bozzettistica e la scena non si lascia chiudere nel generismo manierato. Potrebbe ben integrarsi nelle novelle o nei romanzi veristi verghiani.
Anche con questa tela attirò il favore critico. Secondo il recensore Silvio Paoletti (1864-1921), anch’egli pittore, l’autore rivelava «qualità non comuni e personali di osservatore e di esecutore». «Una certa rigidezza, una certa secchezza di contorni» non erano difetto, ma contribuivano «a dar maggior rilievo al carattere individuale dell’artista» (Sylvius D. Paoletti, L’arte alla III Esposizione internazionale di Venezia, cit.).
Giuseppe Vizzotto Alberti
Una parentesi Liberty
VEDI
Studi per la decorazione del salone da pranzo e del salone da ballo di Villa Andrea Antonini a Crocetta Trevigiana
[1915] Tersicore, dea della danza
Fonte: catalogo.beniculturali.it/.../0500233950 | Scheda completa: sigecweb.beniculturali.it/.../ICCD8454282
Negli anni che vanno dal 1905 al 1910 sono collocabili le decorazioni Liberty nella Villa Antonini a Crocetta Trevigiana e nell'Hotel Bauer-Grünwald, ex Grande Albergo Italia, a Venezia.
La moda Art Nouveau non si configurò come un punto di svolta della sua attività pittorica, ma piuttosto come un allargamento - di non lunga durata - della sua esperienza entro una corrente d’avanguardia, dettatogli dai gusti della committenza e dalla necessità di adattare la sua decorazione alle architetture dei luoghi in cui era chiamato ad operare, com'era solito fare, sia precedentemente sia in futuro, anche per edifici di tutt'altra architettura (Basilica della Madonna dei Miracoli a Motta di LIvenza, Torre di San Martino della Battaglia, Palazzo Corner della Ca' Granda a Venezia, Padiglione veneto della Mostra Etnografica a Roma, Banca d'Italia in Palazzo Dolfin Manin a Rialto-Venezia, ecc.).
Durante la prima guerra mondiale la villa fu distrutta e di questi lavori restano alcuni studi e bozzetti, che conservava il fratello Enrico, e le sue testimonianze in quanto aiutò il fratello nelle decorazioni medesime.
Le "Stagioni" dipinte negli ambienti dell'Hotel Bauer-Grünwald furono eliminate nei lavori di restauro fatti tra anni Sessanta e Settanta. Ci resta la possibilità di conoscerle solo grazie alla raccolta del nipote Aldo Travain, che conservò i modelli serviti alla loro esecuzione.
- La parentesi Liberty: la decorazione di Villa Antonini a Crocetta Trevigiana e la rappresentazioni delle stagioni presso l'Hotel Bauer-Grünwald, Ex Grande Albergo Italia | Vedi
[1910]
Giuseppe Vizzotto Alberti
Vendemmia
Della vita campagnola - fra i soggetti che Vizzotto Alberti non smetterà mai di eseguire - sono colti anche i momenti di serena vita vissuta pur entro le fatiche del lavoro, come in questo "Vendemmiale" esposto a Venezia nel 1910.
[1911]
Giuseppe Vizzotto Alberti
I pannelli nella Sala della Nave del Padiglione veneto all'Esposizione di Roma
Vedi
«La Sala della Nave fu ideata dall’on. conte Piero Foscari e dal pittore Vizzotto Alberti - al quale si devono il bel pannello “Le espansioni commerciali e coloniali di Venezia” e quello “Venezia navale vittoriosa in guerra” - e fu allestita dall’ing. conte Colombini» (Gino Cucchetti, L’Arte Veneta all’Esposizione di Roma. Il padiglione veneto alla mostra etnografica, in Le Esposizioni del 1911. Torino, Roma, Firenze, p. 309-314 | ia802809.us.archive.org/esposizionidel1911
- Giuseppe Vizzotto Alberti, Le espansioni commerciali e coloniali | Vedi
- Giuseppe Vizzotto Alberti, Venezia navale e vittoriosa in guerra | Vedi