[a. m.] Controversa e contestata è la visione politica e culturale di Corrado Gini, primo presidente dell’ISTAT, per l’adesione ideologica al fascismo (basti citare il suo saggio del 1927 intitolato Le basi scientifiche del fascismo) e l’ambiguità sulle concezioni razziali e l’antisemitismo dell’epoca. Generalmente riconosciuto è invece il valore del suo contributo scientifico, venendo annoverato tra i fondatori della moderna statistica. Dalla bibliografia e dalla sitografia sotto riportate ogni lettore potrà farsene un’idea appropriata.
Come studioso, Corrado Gini, originario di Motta di Livenza (1884), brucia le tappe. Laureato in giurisprudenza a 21 anni, vince il concorso a cattedra a 26 e per tre anni è professore all’Università di Cagliari, dove costituisce il primo Laboratorio di statistica italiano. All’età di 29 anni gli viene assegnata la cattedra padovana di Statistica (la prima istituita in Italia). Anche a Padova Gini punta a difendere l’indipendenza della sua disciplina, fondando prima il Gabinetto e poi l’Istituto di statistica, allora parte della facoltà di Giurisprudenza, e riesce a istituire una scuola di perfezionamento biennale post lauream. A lui si deve anche la nascita di alcune riviste scientifiche, la più famosa delle quali è Metron, concepita da subito con un respiro internazionale, ancora oggi pubblicata a quasi un secolo dalla fondazione.
Sono gli anni in cui la statistica pubblica italiana ritrova i livelli di eccellenza che l’avevano contraddistinta nell’Ottocento, quando era considerata tra le migliori in Europa. Le stagioni del dopoguerra sono infatti l’occasione per dimostrare l’importanza delle competenze quantistiche degli statistici, a cui si aggiunge la personale attenzione di Mussolini alle rilevazioni demografiche. È in questo clima di rinnovato interesse che nasce l’Istituto centrale di statistica (Istat), che Gini viene chiamato a presiedere. L’anno successivo è inoltre nominato consigliere di Mussolini nella campagna natalista. A Padova viene fondata anche la Società Italiana di Statistica (SIS), di cui per decenni è presidente sempre il docente padovano.
Gli studi di Corrado Gini lasciano un segno decisivo non solo nella scienza statistica ma anche in campi apparentemente distanti come la sociologia, l’economia, il diritto costituzionale e la biologia.
Benché il suo interesse in campo statistico si fosse indirizzato verso la statistica descrittiva cominciò la sua carriera interessandosi alla probabilità studiando il rapporto (numerico) tra maschi e femmine alla nascita. Nell’ambito della statistica descrittiva rivisitò il concetto di differenza media – introdotto nel 1869 da Jordan – al punto che oggi porta il suo nome.
Nell’ambito dell’economia Gini ha studiato la diseguaglianza dei redditi, mettendo a punto diversi metodi il più noto dei quali, appunto, è il coefficiente di Gini, contribuendo alla teoria degli indici dei prezzi. È soprattutto per questo indice che porta il suo nome che Corrado Gini è noto al grande pubblico. Si tratta di un indice di concentrazione, oggi largamente usato in ambito sociale ed economico come un affidabile indicatore delle disuguaglianze nella distribuzione del reddito: un numero compreso tra zero e uno, dove zero significa una perfetta equidistribuzione e uno la concentrazione della ricchezza in un unico soggetto. Quanto più è basso il coefficiente di Gini, tanto più in uno Stato la distribuzione del reddito o della ricchezza è uniforme tra tutti i cittadini o le famiglie.
Nell’ambito della demografia, ha contribuito alla messa a punto di studi sulla fertilità differenziale, migrazioni, studi di popolazioni, mentre nell’ambito della sociologa si è occupato della salute pubblica. Da un punto di vista politico, Gini fu un convinto paladino della campagna natalista del regime del Littorio, tanto da poter essere considerato, in una certa fase, il “demografo di Mussolini”: quando, ad Harvard, l’ateneo americano gli conferisce la laurea honoris causa nel 1936, difende gli sviluppi totalitari del Regime, fino a giustificare una politica volta a preservare «l’integrità biologica della razza».
Su quest’ultimo punto in verità ha idee complesse, che possono apparire anche contraddittorie. Gini afferma la netta superiorità dei bianchi sulle popolazioni “primitive” extraeuropee, ma sottolinea anche gli aspetti positivi degli incroci e della mescolanza tra le stirpi. Non si muove in favore degli ebrei perseguitati, ma interviene invece con qualche successo, durante la guerra, in soccorso dei Caraimi, una piccola etnia di Polonia e Lituania che i nazisti stavano massacrando, ritenendola di origine israelitica, e invece dai suoi studi risultava di ceppo ugro-finnico. Quando poi verrà sottoposto al processo di epurazione, che lo costringerà ad abbandonare insegnamento e incarichi dal 1944 al 1946, tra altri fattori potè addurre a sua discolpa quel precedente. Rivendicò, nell’autodifesa, di essere uno scienziato che aveva osservato e cercato le cause degli eventi e se questi erano di natura politica li aveva investigati da scienziato e non da politico. Pur assolto dai capi d’imputazione più gravi, il 24 gennaio 1945 venne sospeso per un anno dalle funzioni e dallo stipendio per apologia del fascismo. Gini fece ricorso contro tale sentenza e la successiva ordinanza del 17 dicembre 1945 fu di non luogo a procedere. Nel 1946 riprese le sue funzioni nella facoltà romana e nel 1949 riassunse la presidenza della SIS, carica che tenne fino alla sua scomparsa. Nel 1955 fu nominato professore emerito all’Università di Roma.
La natura dell'apporto di Gini al fascismo è oggetto da qualche tempo di un riesame da parte degli storici. Resta innegabile l'aperta adesione, ma grazie alla possibilità di analisi del suo archivio personale (che dal 1999 si trova nell’Archivio centrale dello Stato) il suo apporto sembra avere carattere “tecnico”: una convergenza “naturale” tra le profonde convinzioni dello studioso (molte antecendenti all'avvento del fascismo) e gli obiettivi propagandistici del regime stesso, piuttosto che un asservimento. È una chiave di lettura non per assolvere, ma per dar conto della complessità della relazione con l'ideologia fascista.
[Questa sintesi è ricavata da queste tre fonti: Ricordando Corrado Gini, 50 anni dopo la morte, 9.9.2015, Il Bo Live - Università di Padova, unipd.it/ilbo; Amalia Caputo, Corrado Gini: cenni biografici, in Sociologia, Corso di Tecniche di Ricerca Sociale, Lezione 15, Lo studio della concentrazione di una variabile cardinale trasferibile, Università degli studi di Napoli Federico II, Federica Web Learning, federica.unina.it/sociologia; Giovanni Maria Giorgi, Corrado Gini, Il Contributo italiano alla storia del Pensiero - Economia (2013), treccani.it]
© 2024 am+