Umanista, alto prelato e diplomatico, ebbe incarichi politici di grande importanza storica e culturale. Fu nominato bibliotecario della Palatina (1519). Come nunzio pontificio inviato in Germania (1520) per pubblicare e far eseguire la bolla Exsurge Domine, ottenne, nella dieta di Worms (1521), la messa al bando di Lutero. Fu ancora nunzio presso Francesco I (1525), in Germania (1531-32) e a Venezia (1533-35). Creato cardinale (1538), fu inviato a Vienna per sorvegliare e impedire i tentativi imperiali di pacificazione con i protestanti.
Opere di Girolamo Aleandro (in work)
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[a.m.] La prima edizione della storia del concilio tridentino del frate servita veneziano Paolo Sarpi (sotto lo pseudonimo di "Pietro Soave Polano", anagramma di "Paolo Sarpi Veneto") fu pubblicata a Londra nel 1619, appresso Giovan(ni) Billio, Regio Stampatore, col titolo Historia del Concilio Tridentino. Nella quale si scoprono tutti gl'artificii della Corte di Roma, per impedire che né la verità di dogmi si palesasse, né la riforma del Papato, & della Chiesa si trattasse. Fu fatta stampare, ad insaputa dell’autore, da Marco Antonio de Dominis (1560-1623), di origine dalmata, già arcivescovo di Spalato, che, attratto nell'orbita della dissidenza religiosa, era fuggito nel 1616 dall'Italia e, dopo molto peregrinare, si era fermato per un certo periodo di tempo a Londra. Sarpi già a partire dal 1610 aveva lavorato alla raccolta del materiale per quest'opera e alla sua elaborazione. De Dominis durante una breve dimora a Venezia intorno al 1615, lo aveva pregato di dargli il manoscritto sul Concilio Tridentino per consultarlo. Invece della sola consultazione, ne fece fare segretamente una copia che si portò all'estero e fece appunto stampare nel 1619 dall’amico tipografo inglese John Bill, premettendovi una dedica al re Giacomo I, molto aspra nei riguardi di Roma, come del resto tutto il sottotitolo, da lui ideato senza consultare l'autore. Prefazione e titolo non piacquero affatto a Sarpi, che protestò con De Dominis. L’identità dell'autore, nonostante lo pseudonimo, venne presto alla luce e il libro fu posto subito, nel novembre dello stesso 1619, all'Indice dei libri proibiti.
L'opera, in otto libri, ricostruisce con scrupolo documentario le vicende del Concilio di Trento (1545-63), considerate nell’intreccio di discussioni dottrinarie, interessi di parte e maneggi politici. Nel quadro storico del Concilio allora confluivano i grandi avvenimenti della politica internazionale, le vicende dei singoli stati e le grandi figure del tempo (papi, sovrani, politici, cardinali, ecc.). Sarpi aveva intuito l'enorme importanza del Concilio per l'ulteriore sviluppo del cattolicesimo, ma giudicava il Tridentino come il pieno trionfo di quell'assolutismo papale che, in atto sin dai secoli medioevali, era riuscito a distruggere completamente ciò che ancora rimaneva dell'antica libertà della Chiesa. La sua forte critica contro l’operato della Chiesa (già nel 1607 era stato colpito da scomunica per la sua attività pubblicistica antipapale) lo avvicinava alle posizioni dei riformati.
La Storia sarpiana suscitò grande scalpore in tutta Europa e riscosse grande successo. A distanza di soli dieci anni, oltre alla originaria versione in lingua italiana, già erano state procurate traduzioni in latino, francese, inglese e tedesco. Da parte cattolica diveniva urgente poter contrapporre una diversa ricostruzione contro la “falsa Istoria”. Solo quasi un cinquantennio dopo, nel 1656-1657, viene pubblicata la vasta opera apologetica Istoria del Concilio di Trento scritta dal Padre Sforza Pallavicino della Compagnia di Gesù «ove insieme rifiutasi con autorevoli testimonianze un’Istoria falsa divolgata nello stesso argomento sotto nome di Pietro Soave Polano» | Cfr. www1.interno.gov.it | dizionaripiu.zanichelli.it
[a. m.] Dopo l'apparizione nel 1619 dell'opera di Sarpi sul Concilio di Trento, diversi studiosi cattolici avevano già iniziato a raccogliere il materiale per smentire il suo lavoro, ma nessuno era stato in grado di terminare la gigantesca impresa. Un gesuita, Terenzio Alciati (Prefetto agli studi presso il Collegio Romano), e un monsignore, Felice Contelori (1588-1652), messa insieme una vasta documentazione, avevano appena iniziata la compilazione quando morirono improvvisamente, il primo nel 1651 e l'altro nel 1652. Pallavicino, per ordine del papa Innocenzo X e di Goswin Nickel, il nuovo Generale dei Gesuiti, ne continuò il lavoro. Di conseguenza si dimise dalla sua cattedra presso il Collegio Romano, per dedicarsi esclusivamente a questo compito impegnativo.
A tutto il materiale precedentemente raccolto da Contelori e Alciati aggiunse il frutto di proprie ricerche negli archivi romani (avendo accesso ai documenti dell'Archivio Segreto Vaticano senza restrizioni) e non romani. Fin dal 1656-1657 fu in grado di pubblicare il proprio lavoro in due volumi in folio; nel 1664 ne pubblicò una nuova edizione in tre volumi e nel 1666, con l'assistenza del suo segretario Cataloni, ne preparò un'edizione ridotta in cui furono omessi molti passi polemici. Fino a tempi molto recenti, l'opera di Pallavicino è stata la principale fonte (di parte cattolica) per la storia del Concilio di Trento. Estratti di essa sono apparsi spesso, e Francesco Antonio Zaccaria nel 1733 ne pubblicò un'edizione commentata in 4 volumi. Il lavoro è stato anche tradotto in latino da un gesuita, Giovanni Battista Giattini; in tedesco da Theodor Friedrich Klitsche de la Grange, in francese e in spagnolo.
Se gli elementi di polemica e di ostilità non garantiscono imparzialità storica all'opera del suo avversario Sarpi, l'impianto apertamente apologetico non lascia esente da parzialità e da errori il lavoro di Pallavicino, per quanto più vasto e forse più meditato.
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