È il fratello più giovane di Giuseppe Vizzotto Alberti. Anche lui pittore e decoratore, acquisiti i primi insegnamenti pittorici dal padre Giovambattista, si avvia sulle orme del fratello già affermato a Venezia e lo raggiunge per frequentare l'Accademia di Belle Arti, dove può diventare allievo di Luigi Nono.
Opera in sintonia estetica con il fratello maggiore e collabora praticamente con lui nelle molte attività di frescatore, decoratore e pittore, quasi una scuola di famiglia. Inserito nel contesto veneziano, partecipa nel 1905 alla VI edizione della Biennale veneziana, nel 1906 all'Esposizione Internazionale di Milano e nel 1909 alla rassegna autunnale di Ca' Pesaro a Venezia. Nella città lagunare vive fino allo scoppio della Prima guerra mondiale quando viene arruolato e impiegato al fronte, combattendo anche sull'Isonzo e, dopo la ritirata di Caporetto, sul Piave. Riprende con intensità l'impegno pittorico solo dopo la fine del conflitto ma rinuncia a Venezia e alle sue rassegne artistiche, per stabilirsi a Oderzo, rimanendovi come in un ritiro fino agli ultimi anni di vita, quando si trasferirà a Padova prima della morte avvenuta in tarda età nel 1976.
Aveva fatto un breve ritorno nella città lagunare per partecipare nel 1925 all'Esposizione d'Arte dei Combattenti delle Tre Venezie. Poi una lunga attività pittorica con pochi eventi pubblici, che il Comune di Oderzo nel 1966 volle onorare con una mostra antologica a lui dedicata.
I soggetti preferiti dal pittore, rivelatisi nel tempo quasi esclusivi, furono scene di vita militare e agreste, paesaggi rurali e viali alberati della campagna opitergina. Non mancarono sapienti scene di genere lagunare nel periodo veneziano.
Scelta una "carriera" deliberatamente estranea alle avanguardie, congelato il suo mondo nella fedeltà al naturalismo veneto tardo-ottocentesco, la sua pittura rimase «impegnata a descrivere ambienti del vissuto quotidiano con massima aderenza percettiva, cogliendo l'umile poesia dei luoghi, delle cose, delle persone, a ricordare una stagione storica appena chiusa, quella risorgimentale, da recuperare evitando l'epica e la retorica. I quadri del periodo opitergino sembrano caricarsi di una valenza testimoniale e, talvolta, nostalgica, ricordando nei lancieri a cavallo ispirati a Fattori, nei contadini al lavoro sintonizzati su Millet, nella campagna veneta coltivata mutuata dai Ciardi, una stagione tramontata o prossima al tramonto. È una pittura autenticamente popolare che mantiene in vita uno spontaneo, sincero romanticismo e che si esclude da qualsiasi dibattito o problematica estetica contemporanea» (Roberto Costella, Note per una storia della pittura moderna e contemporanea a Oderzo. I precedenti artistici e la figurazione pittorica da Giuseppe Vizzotto Alberti ad Alberto Martini, «Archivio Storico Cenedese», 5, 2019, pp. 166-167)
* * *
Paesaggio d'estate (Particolari)
© 2024 am+