Cendon, 1965
Paesaggio sul Sile (s.d.)
Il Sile in periferia, 1970
Casa nella "Valle", 1970
Allorché andarono esaurendosi le committenze per nuove opere di soggetto sacro, ristrettesi sia per le conseguenze delle nuove disposizoni emanate in merito dal Concilio Vaticano II sia per i mutamenti del gusto e della sensibilità verso il sacro nei nuovi tempi, Gino Borsato si dedicò maggiormente alla pittura paesaggistica, parallelamente a quella di ritratto: «Tutti i personaggi famosi di Treviso passarono da lui. E molte famiglie posavano per un olio di Borsato» (Mario Borsato).
Il paesaggio non era però un ripiego (essendo natura e paesaggio delle sue terre stati presenti nelle corde del pittore anche nei decenni precedenti), ma - seppure non mancasse una componente di piacere privato - una riemersione e dilatazione di fonti ispirative che già avevano impegnato e impegnavano molti altri suoi amici pittori ed erano praticate come movimento d'arte per rappresentare la trevigianità anche attraverso i suoi luoghi. Quello che osservato dall'esterno poteva apparire come un buen retiro en plein air o la fuoriuscita da un'arte impegnata e pubblica a una sfera di privato diletto, si inseriva invece in un genere evocativo non meramente descrittivo del proprio genius loci, una soggettivata trevigianità.
Anche se con una punta eccedente di retorica, lo sottolinea Luigina Bortolatto, introducendo il catalogo della prima ampia mostra antologica dell'opera del pittore di Casa da Noal nel 1978: «Verso il '60 [...] Borsato torna a dipingere all'aperrto, pratica lasciata a malincuore. Lo dimostra la gioia che lui stesso esterna agli amici. Certe riserve dovute a impalcature mentali spariscono e si trasformano in felici intuizioni sulla vita della natura e dell'uomo: il Sile specchio melodioso dell'anima, le stagioni in collina dove gli accordi di ritmo e di spazio sono immagine dell'infinito visivo, le case dell'uomo in cui nasce e vive, si dispera, ama e muore». In queste esperienze pittoriche si può distendere tutta la poetica dell'impressionismo a cui si sentiva vicino l'artista. «In questa felice, ariosa, attività dell'ultimo ventennio determinata anche da una coscienza civile consapevolmente libera» prosegue Bortolatto, «si scopre in Borsato l'amore per gli impressionisti». Traspaiono «gli echi di Monet, di Pissarro, di Sisley», ma non principalmente «il loro programma scientifico bensì le tendenze sentimentali rivelate dalla realizzazione pittorica».
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