Nato nel VII secolo da una nobile famiglia di Eraclea, Tiziano successe a Floriano nella carica di vescovo di Opitergium (dal 610 al 632 ca). Venerato quale patrono della città di Vittorio Veneto, della diocesi, della città di Oderzo, del paese di Francenigo e di Stretti di Eraclea, si festeggia il 16 gennaio.
Per un riepilogo delle componenti della vita e del culto del santo (storiche o leggendarie, agiografiche, iconografiche e devozionali) si può leggere l'agile ritratto curato da Giuliano Ros nella rubrica "Il Santo del mese" del «Dialogo», Anno, n. 1, Gennaio 2018 | Dialogo-2018.01-ros-san-tiziano.pdf:
Ticianus († 632 d.C.), presbitero veneto nato nell’isola lagunare di Melidissa (attuale Eraclea/Grisolera), dentro il territorio dell’antico vescovado di Opitergium, che all’epoca faceva capo all’esarca bizantino di Ravenna, rappresentante diretto nell’Alto Adriatico dell’impero romano d’Oriente con capitale a Costantinopoli.
Discepolo del vescovo Floriano, Tiziano lo sostituì alla cattedra episcopale di Oderzo nel 612 d.C. (allorché Floriano venne chiamato a Costantinopoli presso la Corte dell’imperatore Eraclio), reggendo la diocesi per un ventennio (632 d.C.). Dotato di «un’eccellente preparazione pastorale», durante il suo episcopato ebbe a lottare strenuamente contro l’eresia ariana, mantenendo la nostra diocesi «immune da cedimenti nei riguardi dell’ortodossia» (R. Bechevolo). È durante il suo episcopato che avvenne l’uccisione di Tasone e Caccone, figli del duca longobardo del Friuli Gisulfo, da parte del patrizio ravennate Gregorio «con un inganno sleale nella città di Oderzo» (Paolo Diacono).
Ricco di virtù e meriti, Tiziano beatificò la chiesa opitergina «con opere di pietà, di santità, di modestia» (G. B. Bastanzi), morendo «circondato dalla fama di taumaturgo» e divenendo «protettore dei mali di ventre come gonfiezze e idropisie» (D. Coltro).
Sono cinque le chiese intitolate a san Tiziano nella nostra diocesi (Francenigo, Farra, Farrò, Staffolo e Frontin), tre in quella di Belluno (Goima di Zoldo, Oregne di Sospirolo e Cirvoi/çergói di Castion) e una in quella di Venezia (Stretti di Eraclea), a cui va aggiunto l’oratorio che si trovava in un’isola fluviale a Settimo di Portobuffolè fino al XVIII sec., sorto a indicare il luogo in cui nel 652 d.C. sarebbe approdata la salma del santo nel suo leggendario viaggio a ritroso lungo la Livenza (R. Bechevolo).
Molte chiese raccontano con splendidi cicli di affreschi la vita del santo o la storia della contesa e della traslazione della sua salma a Ceneda (652 d.C.). Il ciclo più completo, che si trova nella chiesa di Frontin in Val Belluna (ove «riveste pressoché completamente le pareti dell’aula, creando anche illusionistici effetti di sfondato»), racconta in sette riquadri le opere pastorali del santo (l’elemosina ai poveri, la facondia per animare il clero locale, l’insegnamento a pregare e ad amare). Gli altri cicli (di Pino Casarini nella cupola del transetto della cattedrale di Ceneda, attribuita al Palma il Giovane nella retrofacciata del duomo di Oderzo) si ispirano alle cinque formelle della cantoria dell’organo della cattedrale dipinte da Pomponio Amalteo nel 1534, incentrate sulla leggenda della traslazione della salma da Oderzo a Ceneda. Profondo significato spirituale ispira l’icona a sei scene scritta recentemente da Nikla De Polo ed esposta nella cripta della cattedrale.
Il santo è rappresentato in sacre conversazioni in moltissime pale d’altare dell’Alto Veneto.
Il lunario contadino, che pone il 16 gennaio all’acme del gelo (“da San Tiçiàn el fret ghe cava i dent al can”), scandiva altresì in questa data il ritmo del consumo delle scorte invernali (“mezo fién e un torzo de pan”) e l’avanzamento misurabile della luce diurna (“n antro palmo de man”).
[a. m.] Dopo la morte, i suoi conterranei di Eraclea, venuti ad Oderzo col pretesto di visitare il sepolcro, ne avrebbero trafugato nottetempo le spoglie per portarle nella loro città con una barca lungo il fiume Monticano e poi lungo il fiume Livenza. Gli opitergini messisi all’inseguimento dopo la scoperta del furto li raggiunsero nelle vicinanze del castello di Motta, dove il Monticano confluisce nel Livenza, e reclamarono minacciosamente la restituzione.
La battaglia fu evitata dall’apparizione di un vecchio che esortò - invece di ricorrere alla violenza - di depositare il corpo di Tiziano in una barca sul Livenza e di lasciare alla volontà di Dio la scelta del luogo dove avrebbe dovuto riposare. La barca risalì miracolosamente la corrente e si fermò alcuni chilometri a monte, a Settimo, attuale Portobuffolè, fatto interpretato dai religiosi opitergini come una vittoria.
I buoi però che avrebbero dovuto trainare il carro su cui era stato posto il corpo da riportare ad Opitergium non riuscirono a smuoverlo. Riapparve il misterioso vecchio e consigliò tre giorni di preghiera e digiuno. Al termine una vedova del luogo attaccò al carro la sua mucca e il suo vitello e questi presero spontaneamente la via per Ceneda, dove appunto il corpo del santo oggi riposa. In seguito sul luogo venne edificata l'attuale cattedrale.
L’ipotesi storica è che il corpo fosse spostato prima ad Eraclea, città di fondazione opitergina oggi scomparsa tra le paludi della laguna di Venezia, poi a Ceneda, dai Longobardi, in concomitanza col trasferimento nello stesso periodo anche della sede vescovile. Oderzo, investita dai continui saccheggi dei barbari, non era più sicura e gli stessi Longobardi, ad opera di Grimoaldo, radevano definitivamente al suolo la città nel 667 circa.
La storia divina di San Tiziano fu illustrata nel 1534 in cinque splendide tavole da Pomponio Amalteo, su commissione del cardinale Marino Grimani.
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