Nella notte tra il 13 e il 14 settembre del 1321, moriva a Ravenna, suo luogo d’esilio, Dante Alighieri, di ritorno da un'ambasceria appena compiuta a Venezia.
Nel 1321 Dante, superati ormai da qualche anno i cinquant’anni (età non disprezzabile per l’epoca), viveva ritirato a Ravenna, senza più residue speranze di un possibile ritorno a Firenze e della revoca dell’esilio quasi ventennale. Il poeta amava organizzare cenacoli letterari con i propri figli ed era incaricato di tanto in tanto - per il prestigio di cui godeva - di svolgere ambascerie per Guido Novello, signore della città. Un'ultima ambasceria fu fatale a Dante. Inviato presso il doge di Venezia per sistemare alcune dispute nate sul controllo dei traffici costieri tra la laguna e l’alta costa Adriatica, durante il viaggio di ritorno verso Ravenna attraverso le valli di Comacchio paludose e insalubri contrasse la malaria e, non resistendo alle febbri, si spense all’arrivo di settembre.
Nella ricorrenza dei 700 anni dalla sua morte non c'è quasi luogo d'Italia che sia riferibile a Dante che non abbia trovato motivo o pretesto per celebrarne l'opera e ricordarne la biografia.
Anche per Oderzo è possibile, seppur mediata da un altro artista, una commemorazione dantesca, grazie ai disegni di Alberto Martini per la Divina Commedia.
In considerazione della passione che l’artista ha sempre manifestato nei confronti dell’opera dantesca, già nel 2004-2005, la mostra "Alberto Martini e Dante. E caddi come l’uom che ’l sonno piglia" (30 ottobre – 1° maggio), organizzata dalla Pinacoteca Civica di Oderzo (Treviso), aveva riunito tutta l’esperienza martiniana sulla Divina Commedia - in occasione del cinquantenario dalla scomparsa dell’artista opitergino. In vari e diversi momenti, infatti, Martini ha ripreso lo stesso tema: al primo ciclo di disegni, realizzati per l’editore fiorentino Alinari, risalente al 1900-1901, sono seguite altre due serie di illustrazioni tra il 1922, il 1936-1937 e il 1943-1944.
"Alberto Martini e Dante. E caddi come l’uom che ’l sonno piglia" Mostra a cura di Paola Bonifacio, direttrice della Pinacoteca Civica Alberto Martini Allestimento a cura dello studio C+S ASSOCIATI, arch. Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini Catalogo della mostra edito da Edizioni Canova, Treviso
Delle 298 opere complessivamente dedicate da Alberto Martini all’interpretazione del poema dantesco, una piccola parte fu compresa in una pubblicazione illustrata dedicata alla Divina Commedia, nel 1965, uscita in edizione limitata, oggi rarissima.
Una scelta più estesa è presente in Alberto Martini e Dante, a cura di Corrado Gizzi, Catalogo della mostra svoltasi presso la Casa di Dante in Abruzzo, Torre de' Passeri, 23 settembre-30 novembre 1989, presentazione di Emilio Mattucci e Giuseppe Benedetto, Electa, Milano, 1989
Il ciclo pressoché completo, e in buona parte inedito, delle illustrazioni di Martini realizzate tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso si stampa per la prima volta solo nel 2008. Si tratta de La Divina Commedia illustrata da Alberto Martini, a cura della Pinacoteca Alberto Martini, Fondazione Oderzo Cultura, curatore scientifico Paola Bonifacio, introduzioni ai canti di Anna De Simone, con un testo di Vittorio Sgarbi, Mondadori Electa, Milano, 2008.
Il testo integrale del poema dantesco (esemplato sull'edizione de La Divina Commedia di Dante Alighieri, a cura di Giuseppe Petrocchi, Mondadori, Milano, 1966-1967) è riproposto accompagnato, canto per canto, con i disegni di Martini che ne illustra i passaggi salienti con i personaggi chiave della Commedia.
«I primi lavori di Alberto Martini esposti nelle Sale 2 e 3 riguardano il ciclo illustrativo a soggetto letterario: la Divina Commedia di Dante Alighieri (1901, 1922, 1936-37, 1944), cui l’artista dedicherà oltre quarant’anni di appassionata riflessione attraverso schizzi, disegni, guazzi e incisioni, è attualmente il fondo grafico più corposo dell’artista, conservato a Oderzo. Si tratta infatti di 298 opere sviluppate nel corso dell’intera carriera, testimonianza del graduale passaggio da un segno ancora flessuoso e liberty, ma di chiara ascendenza simbolista, alle successive declinazioni astrattive espressioniste; l’evoluzione poetica e stilistica martiniana risulta chiaramente leggibile proprio nel confronto delle tavole realizzate nei diversi periodi.
Alle iniziali trenta opere donate dalla vedova Maria Petringa si sono infatti aggiunte di recente altre 268, acquisite dai discendenti e pubblicate nel prestigioso volume La Divina Commedia illustrata da Alberto Martini (Mondadori Arte 2008).
I 29 disegni più antichi, realizzati nel 1901 e portati a diversi gradi di definizione, uniscono al valore estetico critico anche quello storico documentale: in diversi casi, infatti, la versione definitiva, acquerellata, è andata dispersa.
Dal punto di vista stilistico, Martini si qualifica quale vero grande interprete del poema dantesco, capace di rileggerne l’opera restituendone i singoli episodi attraverso un segno espressionista all’interno di uno spazio peculiarmente sintetico e visionario.
D’altra parte, ritornerà in molte occasioni sull’opera dell’Alighieri, dichiarandosene profondo estimatore:
Tre volte, nella mia vita, seguii religiosamente il Divino Poeta attraverso i tre mondi ...
Il Poema Sacro mi fu sempre di grande conforto, a volte mi placò e visse paradisiaco o infernale nei miei sogni
(da Incubo Dantesco, in Vita d'artista di A. Martini)
Una diuturna elaborazione dunque, la sua, ben diversa dall’occasionale pretesto di altri illustratori, tant’è vero che, in Forese, la splendida litografia che conclude il ciclo esposto in Pinacoteca, è forse rintracciabile un inquietante autoritratto dell’artista (1922).
I lavori realizzati tra il 1936 e il 1944 riportano in alcuni casi chiaramente la data sul recto o sul verso, altri ne sono privi.
Di ogni Canto si possono individuare tavole che formano gruppi omogenei. Un numero consistente di opere è caratterizzato dal nero acquerellato dei fondali sui quali si avvicendano protagonisti e contesto, riportando ognuna i versi illustrati a margine del disegno, come già era avvenuto in precedenza, oppure all’interno dell’immagine stessa. La rappresentazione della maggior parte delle opere di questo gruppo si propone alla maniera araldica, ricordando talora testi e immagini di chiara derivazione medievale, per una evidente scelta illustrativa atemporale e distaccata, rivolta soprattutto all’idea, in linea con la propria poetica surreale. [...]
Il ciclo dantesco martiniano consente di cogliere insieme alla perizia esecutiva dell’artista – che quasi mai cede a ripensamenti mentre disegna, scegliendo di rappresentare i singoli episodi in uno spazio grafico talvolta solo accennato, eppure già risolto nei suoi esiti formali – una scelta espressiva sintetica e visionaria in grado di soddisfare completamente una reale interpretazione, e non la mera illustrazione, del capolavoro di Dante.»
[Tratto da oderzocultura.it/pinacoteca-esposizioni/#sala-2 | oderzocultura.it/pinacoteca-esposizioni/#sala-3]
Alberto Martini, Autoritratto | Fonte dell'immagine: laocoontegalleria.it
Paola Bonifacio, Profilo storico biografico di Alberto Martini, in Fondazione Oderzo Cultura - Pinacoteca Alberto Martini, Archivio privato Martini. Inventario analitico, a cura di Paolo Sbalchiero con la collaborazione di Paola Bonifacio, Supervisione scientifica della Soprintendenza Archivistica del Veneto, Fondazione Oderzo Cultura, Oderzo, 2006, pp. 5-7 | oderzocultura.it/AMART-Inventario-analitico
Alberto Giacomo Spiridione nasce da Maria dei conti Spineda de Cattaneis, antica famiglia nobile trevigiana, e da Giorgio Martini, pittore naturalista e professore di disegno.
Tra il 1890 e il 1895 sotto la guida del padre, Alberto inizia a dipingere e a disegnare continuando così la tradizione familiare. In effetti i parenti materni del padre erano noti decoratori e mosaicisti veneziani. Durante gli anni della formazione Martini realizza innumerevoli disegni, rivelando da subito una particolare predilezione per la grafica. Pur dedicandosi alle matite grasse, realizza anche oli, acquarelli e tempere di piccolo formato grazie ai quali, superato il mero esercizio scolastico, raggiunge i primi validi risultati. I temi preferiti sono quelli della campagna trevigiana e dei contadini al lavoro: quindi l'uomo e il suo rapporto con la natura vista nel suo divenire (ad es. Antica gualchiera trevigiana, 1895). Si esercita anche su fiori e conchiglie, che studia in modo analitico, lasciando una serie di acquerelli molto belli. Al di là di un mero esercizio dal vero, sono temi attraverso i quali Alberto mostra di assimilare la cultura figurativa italiana ed europea tardoromantica, populista e umanitaria, volta a cogliere dubbi e perplessità d'intonazione simbolista sul senso della vita, piuttosto che a definire un ambiente. Tra il 1894 e il 1896 realizza le quattordici chine acquerellate dell'Albo della morte, rivelando suggestioni culturali di matrice nordica.
Nel 1895 inizia la prima serie di illustrazioni a penna in inchiostro di china per il Morgante Maggiore di Luigi Pulci, che, tuttavia, presto abbandona per dedicarsi alle illustrazioni per La secchia rapita (1895-1935) di Alessandro Tassoni, continuate sino al 1903. I centotrenta disegni eroicomici per La secchia, in gran parte opera giovanile, sono, nella definizione dello stesso Martini, «...una curiosa sfilata di soldatacci mangiati dalla fame e pidocchiosi…». Queste opere testimoniano una grande abilità grafica di Martini, che non ha ancora trent'anni, e chiudono l'esperienza giovanile sul piano di precise fonti letterarie e influenza nordiche.
Autoritratto di Alberto Martini - Il Simbolismo - Mostra Palazzo Reale Milano - 3.2.2016 / 5.6.2016 | youtube.com/g-uOL_scPBk
(in preparazione)
Alberto Martini, Ritratto di Wally Toscanini, 1925, presentata come la regina di Saba, vestita di veli giallo oro, in pendant con un copricapo “esotico” ispirato ai balletti russi di Djagilev
La narrativa di Edgar Allan Poe accompagna Alberto Martini (1876-1954) per quasi quarant’anni della sua vita, segnandone profondamente le vicende, sia umane che artistiche. Le illustrazioni ispirate ai Racconti dello scrittore americano si collocano in un momento di vero e proprio snodo della sua produzione figurativa che, dopo le prime affermazioni espositive e l’entusiastica accoglienza della critica, transita verso una ricerca più personale e indipendente. I disegni per Poe (centocinque in totale), a partire dalle prime apparizioni, si segnalano immediatamente come gli esempi più rappresentativi e fortunati della creatività di Martini, in grado di restituirne appieno sia il virtuosismo grafico che la raffinata propensione immaginativa. Esposte a Venezia, Bruxelles, Londra, Milano e Parigi, le illustrazioni godono di un notevole successo, grazie anche all’impegno del critico Vittorio Pica.
L’interesse verso questa serie, che non dà segni di cedimento lungo tutto il Novecento, non si inscrive esclusivamente entro le riletture interne del percorso artistico martiniano, ma attraversa anche le molteplici declinazioni del simbolismo e la nascita delle avanguardie europee. Il saggio si concentra su due aspetti: da una parte ricostruisce la serie cronologica dei disegni, delineandone la fortuna attraverso le vicende espositive e i commenti della critica; dall’altra mette in luce il processo di costruzione delle illustrazioni che sembrano nascere tanto dal testo letterario quanto da modelli iconografici preesistenti. Il volume contiene una sezione di illustrazioni in cui viene riprodotto il corpus di disegni a china realizzati da Martini tra il 1905 e il 1940 per le raccolte di racconti di Edgar Allan Poe, Histoires extraordinaires, Nouvelles histoires extraordinaires e Histoires grotesques et sérieuses, nella traduzione di Charles Baudelaire.
Clicca sull'immagine per ingrandire
© 2024 am+