Di grande interesse sociologico è il plurisecolare Casón[[1], in via Frassenè, abitazione contadina con il tetto di paglia, unico superstite fra le decine di similari costruzioni erette nello stesso territorio[2].
Il Cattastatico[3] della chiesa di San Benedetto di Piavon, 1778, lo rileva in questi termini: «Una pezza di terra. Arativa, Prativa, Vitigata, detta al Paludetto. Confina a Levante (la) strada Comuna, a Mezodì (la) strada suddetta, a sera (la) nob. Sig.a Cecchetti, et alli Monti (la) strada Consortiva. Con una casa da muro coperta di paglia [...]» (cfr. Luciano Mingotto, Collana di storia del territorio: Oderzo, 3. Il casone di Piavon, testo dattiloscritto, s.i.p., 1989).
L'esistenza di casoni simili è attestata nel territorio di Oderzo sin dal 1568 (Cattastatico di San Martino di Oderzo), ma può essere precedente di secoli, come peraltro documentato in altre parti del Veneto.
Fino alla metà del secolo scorso, i casoni furono gli edifici più poveri dei braccianti e salariati agricoli del territorio veneto.
Costruiti dagli stessi abitatori, talvolta con l'aiuto di maestranze locali, presentavano tipologie differenti, secondo le località: a vani accostati con o senza portico passante (provincia di Treviso e basso Friuli); a corridoio centrale con vani laterali (provincia di Padova); a vano unico su impianto quadrato o rettangolare (laguna veneta e friulana).
La muratura, nei casoni trevigiani, era in mattoni crudi intonacati a calce, oppure a graticcio di legno intonacato; la copertura in cannelle di palude legate a mannelli; il colmo in coppi di laterizio.
Sui casoni − e in particolare su quello di Piavon − avevano già richiamato l'attenzione Roberto Costella e Luciano Mingotto, alla fine degli anni '80:
Il comune di Oderzo diventò proprietario del casone nel 1982 mediante una permuta con il barone Rechsteiner, i cui avi l'avevano acquisito quando acquistarono nel 1881 dai conti Revedin di Venezia la Villa (già villa Bonamico dal 1768) con annessa azienda agricola. Dalla fine del 2001, inizio del primo accurato restauro su finanziamento comunale (travature, pavimento del soffitto, copertura mediante fascetti di canna palustre...), il casone è affidato alla gestione dell'associazione "Amici del cason" che ne curano la manutenzione insieme con il Gruppo Alpini di Piavon e la valorizzazione turistico-culturale.
Notizie storiche e aggiornamenti sulle iniziative si possono trovare sul sito e sul blog facebook dedicati.
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Ultimo cason
Te te domand, da zovene buloto,
se là dentro ghe stava le bestie
ligade co la cadena a la gripia.
Là dentro, sot el covert de paia,
sora el pantanbatù, co sofego,
fredo, pedoci, malaria e peagra,
ghe stava insieme bestie e omeni
e no so se certi zorni gera meio
la gripia piena o la panera voda
Romano Pascutto
da L'acqua, la piera, la tera
Villa Bortoluzzi (Oderzo, Via Roma) è un complesso architettonico di XIX-XX secolo che ha sostituito la precedente villa dei Giacomuzzi edificata sui resti del convento di S. Martino dei frati camaldolesi.
Si ha riscontro deI vari passaggi insediativi e architettonici dai catastici del 1568, 1741, del 1862 (catasto Giacomuzzi) e dallo stato attuale.
Dopo la soppressione del monastero (forse su decreto napoleonico nel 1806) e la demolizione della chiesa pochi anni dopo, il complesso era divenuto proprietà demaniale. Nel 1836 fu acquistato e trasformato in residenza da Antonio Giacomuzzi, che decenni dopo lo vendette al conte Luigi Revedin a cui si devono nel primo Novecento le alterazioni architettonicamente eclettiche apportate all'insieme della struttura, per renderla pittoresca secondo i gusti estetici e stilistici di quell'epoca.
«L'aspetto attuale è quindi un palinsesto con parti di elementi e sistemi decorativi-costruttivi preesistenti» (Luciano Mingotto).
Come esempi delle variazioni si possono riassuntivamente segnalare: le fasce decorate con figure e ghirlande del periodo cinquecentesco (all'interno di una camera); il complesso ad "L" con la corte aperta verso nord-ovest in sostituzione della scomparsa struttura a corte centrale; l'enfatica decorazione delle facciate «ispirata a princìpi compositivi revivalistici, anche se eseguiti con ritardo storico (elementi medievali nella torre d'angolo, veneziani nella facciata ovest, decorazioni in finta tappezzeria...)». A caratterizzare fortemente il complesso, inoltre, si eleva - ad angolo tra i due corpi - un edificio a torre molto alto. L'interno è connotato da elementi alla veneziana, da scala e soffittature coeve all'allestimento delle facciate.
Alla villa è collegato il parco "romantico" (di tipo naturalistico, non geometrico, come raffigurato in un disegno del 1863 conservato nella villa stessa), «assimilabile a quelli realizzati sotto l'influenza dell'architetto Jappelli».
Villa Bortoluzzi compare attualmente in vendita su Sotheby's International Realty, illustrata da una descrizione delle sue caratteristiche strutturali ed abitative e da una relazione fotografica di esterni ed interni. (ultimo accesso 4/2/2023)
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