Questo strumento, realizzato nella prima metà del 1700, segna le ore italiche o italiane. Questo tipo di ore identifica una suddivisione del giorno utilizzata dalle nostre parti fino alla fine del 1700. L'inizio del conteggio orario avviene al tramonto del Sole, per cui questo momento rappresenta la fine dell'ora ventiquattresima e l'inizio della prima.
Dalla lettura della meridiana è possibile conoscere le ore mancanti al tramonto facendo semplicemente la differenza tra le 24 (tramonto del Sole) e l'ora letta nell'istante di osservazione. Se ad esempio lo strumento segna le 18 mancheranno 6 ore al tramonto. Nel passato conoscere quante ore di luce c'erano ancora a disposizione era di particolare utilità per le attività lavorative.
L'ora viene segnata quando l'estremo dell'ombra dello gnomone tocca la linea oraria. La linea contrassegnata dai segni zodiacali dell'Ariete e della Bilancia si chiama equinoziale. Essa viene percorsa dall'estremità dell'ombra nei giorni in cui cade l'equinozio di primavera (21 marzo) e l'equinozio d'autunno (23 settembre). La meridiana permette quindi di stabilire l'inizio di queste due stagioni.
La linea verticale contrassegnata dalla lettera "M" permette allo strumento di indicare il mezzogiorno vero locale cioè l'istante in cui è metà del giorno a Piavon.
Il restauro della meridiana è stato finanziato dall'Unione Sportiva Piavon ed eseguito nel 2006 da Enio Vanzin e Mosè Pavanello.
A Oderzo in piazza Grande è disegnata una curva a forma di otto che funge da meridiana a tempo medio (più precisamente un analemma solare). Segna le ore 12 (le 13 in ora legale) quando l’ombra della cuspide più alta del Duomo coincide col tratto di curva corrispondente al mese in corso [Lat. Nord 45° 47’ 01’’ - Long. Est 12° 29’ 42’’]
Fonte delle foto: [1] Studio Architetto Follina, Lo schizzo di studio che pone in evidenza la piazza e lo schema progettuale della meridiana | tonifollina.com - [2] upload.wikimedia.org | Autore:ciaolord / Flickr - [3] pbs.twimg.com | Autore: Emilio Destro |
«Nella pianura sedici miglia all'Oriente estivo di Trevigi il grosso Castello esiste di Oderzo che Città di riguardo fu a tempi Romani detta Opitergium. Non si sanno i veri suoi fondatori, se Veneti in più remota stagione, o se i Romani medesimi, come di Aquileja, e Concordia. Quasi parrebbe, che i Romani poco dopo la fondazione di Aquileja, una colonia anche in Oderzo conducessero, giacchè tutta la pianura in là verso il Tagliamento presso che disertata avevano i barbari Alpini (1). Certamente vedremo nella Storia, che Oderzo al tempo di Cesare faceva buona figura, e potè una Coorte di mille uomini dare al suddetto sull'armata navale, che contro Pompeo pose nell'Adriatico. Non ostante incerta è tal cosa, e potrebbe anche essere stata fondata alquanto tempo dopo Aquileja. Opitergio, perchè situato in una pianura fecondissima in biade, e vino, e in ogni più scelto prodotto, e bagnata da nobili fiumi, fiorì moltissimo. Gli abitatori suoi si dedicarono anche alla navigazione, ma non mai però Oderzo ebbe le mura bagnate dalle salse lagune, come asseriscono que’ che le medesime vollero tanto estese (1) una volta dentro terra. Per via della Livenza, e della Piave, come meglio vedremo nella Venezia marittima, colle loro barche scendevano alle lagune, ed al mare, come i Padovani per il Medoaco, gli Estensi per l'Adige &c. Quando la Piave per i Colli Cenedesi al piano usciva (2) pare, che con un ramo piegasse molto verso Opitergio. Ne' contorni di questo veggonsi in fatti le traccie di alcuni alvei larghi, capaci, ed antichi depositi arenosi, e fluviatili. Riportaremo a suo luogo un documento del 995 circa, nel quale si marcano i confini già stabiliti nel 773 tra i Veneti Secondi, o Veneziani, e i Longobardi allora padroni della terrestre Venezia. Presso le maremme tra la foce della Piave, e quella della Livenza di sotto a Oderzo in tale documento si nomina la Plavigella, che da Oderzo scendea (1). Questa Plavigella, che veniva da Oderzo le Croniche, e i documenti nostri antichi chiamano anche la Piave secca, sicchè parrebbe che un ramo fosse della Piave rivolto incontro a Oderzo, e rimasto poscia perduto quando quel fiume voltò cammino. Forse percorrea la linea, che ora presso poco per corre il fiumicello Motegano, e si noti, che di sotto pure di Oderzo, e nelle maremme picciolo alveo esiste, o fiumicello detto il Ciavone, che parimenti sembra ricordare un ramo della Piave vegnente dalla Città suddetta in altri secoli. La Piave in fatti variò più volte di letto anche dopo aver abbandonata la foce di Altino. Sboccò ora verso le lagune di Caorle, ora verso Cortelazzo, ora verso il Cavallino &c. Anche la Livenza sembra che corresse più vicino alle mura di Oderzo, mentre ora passa tre o quattro miglia lontana, e comunica soltanto con questo Castello per mezzo del Motegano. Avrebbe nel caso suddetto Opitergio avuto un ramo della Piave da Occidente, e la Livenza da Oriente, ciò che potea giovar molto al suo commercio. Vasca perciò, e ricettacolo per barche scavarono forse presso le loro mura gli Opitergini, se vero è (1), che in addietro siansi colà disotterrati de’ grossi marmi, che foderavano un largo bacino, e anelli di metallo avean affissi per fermarvi fluviatili naviglj. È la Livenza un limpido, e veloce fiume, le cui sponde coperte da fronzute quercie Virgilio (2) rammemora, ed alla foce del quale nelle Lagune eravi poi il porto marittimo, o marittima rada degli Opitergini, appunto come i Patavini aveanla alle foci de' Medoaci: ma di ciò altrove. Plinio disse, che la Livenza nasceva da’ monti Opitergini, (3) e nasce ella in fatti venti miglia circa al Nord di Oderzo, e ne' monti superiori a Serravalle, e Ceneda. Dunque fino colà estendevasi l'antico agro Opitergino, e Ceneda e Serravalle, e il grosso Castello di Sacile dovean comprendersi nello stesso, come pure i monti vicini alla selva del Cansejo. Al Sud estendevasi poi fino alle foci della Livenza, ed alle lagune per quasi dieciotto miglia; dunque fertilissimo essendo dovea gli abitatori co' suoi prodotti arricchire. Le terre sue in fatti producono in quantità eccellente formento, maiz, vino, ed ogni altro prodotto. La via Postumia tante volte ricordata in queste Memorie passava (dopo aver corso l'alto Trevigiano) per Opitergio, indi direttamente proseguiva verso il Friuli, e verso l'Oriente. La tavola Peutingeriana anche quì al solito inganna dirigendo la via a Sciloco, ed a Concordia, per la quale mai ella non passò. Ciò nacque perchè colla Postumia la Tavola confonde una via traversa, una vicinale da Oderzo a Concordia diretta, sedici miglia via lontana verso Sciloco. Via Concordiese possiamo chiamarla, che di molto uso dovea essere, perchè insieme legava la Postumia colla Emilia Altinate, che passava inferiormente correndo da Altino a Concordia. Per ciò segnolla la Tavola Peutingeriana, e perchè quantunque vicinale, avea forse le Mutazioni, e le Mansioni, e giustamente poi falla attraversare la Livenza con barbara frase Licenna da essa chiamata. Là dove il Motegano entra nella Livenza, trovasi popolato Castello detto la Motta, che eravi forse anche nei secoli Romani, ma il nome allora portava di Pons Liquetiae. E ciò perchè sulla Livenza in grazia di questa strada un Ponte vi fu nominato da una Legge del Codice Teodosiano (4), e da Paolo Diacono ( 5 ), come fors'anche dalla Tavola Peutingeriana (6). Parla quella legge delle riparazioni che dovean farvisi probabilmente dagli Opitergini. Di sotto alquanto alla Motta dicono trovarsi degli avanzi della suddetta strada vicino a certo villaggio chiamato Denon o Danon. Potrebbe essere il nome alterato di ad Nonum perchè alla IX milliaria situato venendo da Opitergio. Altri avanzi esistono più sotto ancora verso Lorenzaga, e le lagune. Osservammo già (7), che un'altra comunicativa vi fu tra Oderzo e Trevigi detta Callalta, e un'altra strada pure (8) che a Feltre iva, e di là a Trento. Il concorso pertanto di tutte queste vie dovea grande utile portare a Oderzo, che ebbe già i Vescovi suoi prima che i barbari la riducessero a poca cosa, e la maggior parte degli abitanti si ritirasse nelle lagune ad accrescere la nuova società de’ Veneziani. Ceneda, e Trevigi crebbero a sue spese, ma di ciò nella Storia. Pochissime lapidi si sono disotterrate in Oderzo; solamente raccontano, che una bella statua di Balbino Imperatore (9) scolpita in marmo Pario vi disotterrarono in addietro, come pure de’ pavimenti a Mosaico, e una cassetta di metallo quadrata, cui dentro v'erano molte tessere di rame che un P portavano impresso da una parte, dall'altra il numero VII, e XVI. Forse erano tessere per avere i luoghi ne pubblici spettacoli (10). Bella catena d'oro trovarono altresì formata da sette anelli, all'ultimo de' quali attaccavasi picciola mano, pur d'oro, e tutta la catena pesava molto, ed era ottimamente lavorata. Qualche lapida vi esiste che ricorda un decreto degli Augustali fatto ad onore di certo T. Ennio Planco (11), ed altra che sembra indicare essere stata questa Città ascritta (12) alla Tribù Papiria (A).
Note
(1) Bonifacio Stor. di Trevigi.
(2) Qualis aeria Liquentia flamina circum Consurgunt gemina Quercus &c. Virg.
(3) Flumen Liquentia ex montibus Opiterginis, & portus eodem nomine. lib. 1, 16.
(4) Causam Pontis Liquentae nolumus nostris perscindere decretiss &c. leg. 16, 35, 1.
(5) Pons Liquentiae in agro Opitergino Paul. Warnefrid. de gest. Lang. l. 3
(6) Tab. Peutinger. Saggio II.
(7) Capo XIV.
(8) Capo XVII.
(9) Bonifaccio Stor. di Trevigi.
(10) Opuscoli Venez. &c. presso Albrizzi Venezia 1745.
(11) Decreto Augustalium opiterginorum T. Ennio Planco.
(12) C. Sempronio. C. T. Papiria. Cossiano. L. Ragonius. Quintianus. Effoss. Opiterg.
(A) Nell'anno 1794 sotterra circa quattro piedi in Oderzo fu scoperto un pavimento quadrato di sedici piedi per ogni verso, e con l'aggiunta di un pezzo a semicerchio di 14 piedi di corda. Lavorato era a Mosaico, e rappresentava Flora, Cerere, Bacco, Pomona, una corona convivale, degli uccelli, de pesci, de' granchi, de' vasi, una Tigre, un cane &c. Fu giudicato il più bello forse che fino ad ora siasi scoperto. L'erudito Abate Domenico Coleti sospetta che servisse a un Triclinio.
L'ultima sala al piano terra del Museo Archeologico Opitergino è interamente dedicata ai frammenti di mosaici tardoantichi (fine III-inizi IV sec. d.C.) rinvenuti tra fine Ottocento e inizi Novecento nell'area dell'ex Foro Boario e dell'attuale Piazzale della Vittoria.
Gli otto resti musivi policromi posizionati sul pavimento appartengono al grande “Mosaico della Caccia”, scoperto nell’area dell’ex orto Gasparinetti, che rappresenta su tre registri diverse scene di caccia e aspetti della vita in campagna: del registro superiore restano tre episodi, ovvero una lepre inseguita da un cane, due pecore al pascolo, un’uccellagione con la civetta; al centro è raffigurata la villa rustica con torri angolari e portico colonnato, sullo sfondo un muro di cinta e in primo piano una donna che dà il mangime ai volatili; del registro inferiore infine si conservano due scene di caccia, al cinghiale e al cervo.
I due tessellati policromi applicati alla parete di fondo, facenti parte probabilmente della decorazione della stessa domus, ritraggono rispettivamente una scena con coppiere nell’atto di versare il vino e una scena di caccia alla lepre con cani.
Durante la sua gestione del Museo archelogico opitergino, durata dal dopoguerra fino al 1970, l'arch. G. Colazilli si dilettò in alcune ricostruzioni di Opitergium romana, a partire dalle suggestioni archeologiche fino ad allora possedute, assolutamente idealizzata.
Nella rete sono rintracciabili alcune cartoline illustrate dell'epoca (1955):
Fonte: i.ebayimg.com/tLIAAOSwdxFcQwir
Fonte: i.ebayimg.com/52kAAOSwrh5bXdjF | i.ebayimg.com/9~wAAOSwLIpeha~Q
Fonte: i.ebayimg.com/oOwAAOSwv-NWYx6g
Le risultanze archeologiche contemporanee per il foro romano riguardano un'ampia area, compresa tra le attuali Via Roma e Via Mazzini, all'interno della quale sono visibili i resti del complesso forense e di una grande domus, indagati a più riprese tra 1978 e 1995. Del foro di età augustea (fine I sec. a.C. - inizi I sec. d.C.) si conservano a vista i resti della piazza lastricata di cui è stata appurata una larghezza di m. 40 e una lunghezza di almeno 98,7 metri; altre evidenze sono relative alla basilica civile (lato ovest) e alla fondazione di una imponente gradinata (lato meridionale), probabilmente attribuibile al capitolium della città (tempio dedicato alla triade capitolina). Lungo Via Mazzini sono visibili alcuni ambienti di una domus anticamente ubicata all'angolo dei due maggiori assi stradali della città. Delle strutture musealizzate in situ, databili in età augustea (fine I sec. a.C. - inizi I sec. d.C.), si distinguono alcune pregevoli pavimentazioni musive e in battuto bianco con inserzioni di tessere multicolori, oltre che i resti di un ambiente con riscaldamento a ipocausto, riferibile al settore termale della casa. (← comune.oderzo.tv.it)
Dal 2007 l'amministrazione comunale allora in carica aveva istituito ed organizzato per un decennio - con intenti culturali e di promozione turistica - la manifestazione tardoprimaverile "Opitergium Rievocazione storica".
Dopo il cambio elettorale del 2017, l'ultima edizione ridenominata "Optima Via Postumia" fu tenuta in vita dalla sola associazione "La Fontana", senza più l'appoggio del Comune, ma ristretta e spostata nella frazione di Rustignè. Dal 2018 la rievocazione non si tiene più.
Fra gli eventi culturalmente più interessanti ed emozionanti, all'interno della Rievocazione storica, sono degne di essere ricordate le annuali rappresentazioni teatrali in Piazza del Foro Romano su copioni di autori classici greci e latini, recitate soprattutto dagli studenti delle scuole superiori della città "Antonio Scarpa", "Jacopo Sansovino" e "Brandolini-Rota":
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